Casa Reyneri è un grande complesso edilizio, risultato di accorpamenti di vari edifici, che si affaccia sulla piazza della Parrocchia. I Reyneri erano un’antica famiglia notabile carrucese, che diede soprattutto uomini di legge. La sua presenza in paese è documentata fin dal Quattrocento. Era di proprietà dei Reyneri solo una parte del grande edificio, la parte rivolta verso l’antica via Ramezzana, l’attuale via Roma. La parte con frontone a timpano, porticata a piano terra, appartenne ai conti Costa della Trinità-Carrù, signori del luogo, e prima ancora agli Alessi di Canosio; pervenne ai Reyneri solo intorno alla metà dell’Ottocento. In questa occasione la famiglia fece ridisegnare l’intero complesso dell’edificio, che era separato dalla prima proprietà Reyneri da un vicolo a gomito. Con questo intervento si diede particolare risalto alla facciata di gusto eclettico, che guarda verso il Castello, ed è visibile dalla strada della Stazione. All’interno di casa Reyneri si conservano soffitti decorati, caratterizzati soprattutto da motivi floreali riconducibili alla seconda metà dell’Ottocento ed al primo ‘900. Sotto i portici dell’edificio a timpano sorgeva il rinomato “Caffè di Piazza”, che rimase in attività fino all’inizio del Novecento; in seguito i locali ospitarono la tipografia-cartoleria Buda. In luogo dei portici, sino all’epoca francese, erano posti il taglione e la berlina, dove venivano esposte al pubblico e punite le persone colpevoli di reati minori. Dalla piazza della Parrocchia si scende verso il Castello attraverso una breve scalinata. Un tempo era una strada in salita chiamata “al Fontanasso”, perché conduceva alla fontana del Castello. Sul Fontanasso, lo spiazzo prospiciente il Castello, si svolsero i mercati carrucesi fino alla metà dell’Ottocento. Sulla facciata di palazzo Reyneri rivolta verso il Castello, è collocato, tra le finestre, un piccolo affresco raffigurante la Vergine con il Bambino in trono, chiamata anche la Madonna del Fontanasso. L’affresco fu realizzato nella seconda metà del Quattrocento a protezione del paese e del mercato, ma va letto anche in rapporto alle “occasioni di guerra”, che potevano svolgersi nella zona sottostante pure chiamata la “Battagliera”. E’ stato restaurato negli anni ottanta del Novecento.
Le prime notizie relative al Castello di Carrù risalgono intorno all’anno 1.000 quando un “castrum” è menzionato assieme alla cappella di San Pietro. I luoghi carrucesi fanno parte della contea di Bredulo e passano in seguito ai Vescovi d’Asti che li cedono in feudo ai Signori di Manzano. Nel 1250 Carrù viene ceduta al comune di Mondovì che nello stesso giorno vende il Castello e il territorio ai Bressano; costoro stringono alleanze prima con gli Angiò e in seguito coi Principi d’Acaja sino ad arrivare al 1370 dove il feudo passa nelle mani di Amedeo VI di Savoia che investe i Marchesi di Ceva della titolarità del feudo.
Nel 1418 il conte Ludovico Costa, tesoriere e luogotenente del Principe d’Acaja e poi consigliere di Amedeo VIII di Savoia, viene investito del feudo di Carrù in aggiunta a quelli già posseduti (Carrù, Benevagienna, Trinità).
Nel 1427 muore Ludovico Costa e gli succede il figlio Giovanni Luigi. Dopo un periodo di occupazione (prima francese poi spagnola), di pestilenze e carestie, la restituzione di gran parte del Piemonte a Emanuele Filiberto di Savoia dà inizio al periodo di riorganizzazione dello stato sabaudo. L’edificio del ’400 viene, nel corso dei secoli, più volte rimaneggiato: nel XVII secolo si fanno grandi interventi, il Castello diventa dimora di piacere e di caccia di Gerolamo Maria della Trinità e di sua moglie Paola Cristina del Carretto. I loro discendenti tra cui Vittorio Amedeo (viceré di Sardegna del XVIII secolo) continueranno ad arricchire l’antica dimora di famiglia. Nel 1796 Carrù diventa quartier generale di Napoleone Bonaparte e il 23 aprile dello stesso anno trascorse la notte nella casa dell’avvocato Pietro Antonio Massimino.
L’800 ridefinisce alcune decorazioni e arredi dell’antica costruzione che diviene luogo di villeggiatura della Contessa Costanza di Rorà (moglie di Paolo Costa della Trinità) che vende nel 1872 il Castello e la proprietà ai Curreno: il generale Giuseppe, appartenente ad una distinta famiglia di proprietari terrieri, ottiene il titolo di Conte di Santa Maddalena. In seguito, nel 1977, il Castello viene venduto alla Cassa Rurale e Artigiana di Carrù, ora Banca Alpi Marittime Credito Cooperativo Carrù.